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Cellule staminali e cura della malattie rare: al fianco della ricerca di eccellenza

Ottime notizie per la ricerca scientifica. Un team padovano di ricercatori ha creato le basi per un importante avanzamento nella lotta contro le malattie rare. Una parte dello studio è stata sostenuta dal nostro Bando Ricerca Pediatrica. Cosa hanno scoperto i ricercatori padovani?

Il 2019 inizia con un’ottima notizia per la ricerca scientifica.

Siamo particolarmente felici (e orgogliosi) del risultato scientifico conseguito dal team padovano guidato da Graziano Martello del laboratorio di cellule staminali pluripotenti del dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova e da Nicola Elvassore del laboratorio di Ingegneria delle cellule staminali all’Istituto veneto di medicina molecolare.

iPS cells: cosa sono?

Lo studio, pubblicato su Nature Cell Biology, riguarda le iPS cells. Si tratta delle cellule staminali pluripotenti, che hanno un’enorme rilevanza in ambito biomedico. Le iPS cells hanno caratteristiche simili alle cellule presenti durante la prima settimana di sviluppo di un embrione umano e si potranno utilizzare per lo studio in vitro di importanti malattie genetiche.

Queste cellule hanno la capacità di dare origine a qualsiasi cellula del nostro corpo. Le cellule staminali pluripotenti indotte vengono generate a partire da cellule adulte del nostro corpo (sangue, biopsie cutanee o addirittura urine) in un processo chiamato riprogrammazione.

Da sempre, però, le iPS cells utilizzate nella ricerca sono “eterogenee”iPS cells prodotte nello stesso laboratorio in tempi diversi possono comportarsi in modo diverso. Inoltre la loro riproduzione è laboriosa e costosa. Un altro grande problema è che le iPS comunemente utilizzate sono in uno stato di sviluppo leggermente avanzato, paragonabile alla seconda settimana di vita embrionale. Questo è un aspetto cruciale: cellule che sono in uno stato leggermente avanzato non permettono sempre di ripercorrere tutti gli eventi molecolari che portano allo sviluppo di una patologia.

La scoperta dei ricercatori padovani

Il team di ricerca padovano ha utilizzato la microfluidica: una tecnologia sviluppata nel laboratorio di Elvassore, che consiste nella produzione in piccoli canali, microtubi in polidimetilsilossano (silicone biocompatibile) del diametro di un capello.

Quando le cellule si trovano in uno spazio confinato possono essere riprogrammate più efficientemente e rapidamente, utilizzando molti meno reagenti e con un risparmio di oltre cento volte rispetto alle tecnologie convenzionali. Non solo, ed è qui l’aspetto principale del lavoro pubblicato: le cellule iPS ottenute in microfluidica presentano uno stato di sviluppo più primitivo, molto simile cioè allo stato delle cellule in un embrione nelle prime di fasi di sviluppo (5/6 giorni), tecnicamente definito stadio di pluripotenza di tipo naïve.

Le implicazioni future

La scoperta di Graziano Martello e Nicola Elvassore ha un’implicazione rilevante per le ricerche future: fino ad oggi sono stati utilizzati embrioni umani oppure delle complesse manipolazioni che rendono le cellule inutilizzabili per applicazioni terapeutiche.

La nuova tecnologia proposta e la tipologia di cellula ottenuta permetterebbe l’utilizzo delle iPS in applicazioni biomediche come lo studio in vitro di alcune malattie genetiche.

Infine, queste cellule, senza dover usare un embrione, permettono lo studio delle primissime fasi di sviluppo embrionale e di capire perché nelle prime due settimane di vita ci sia un’alta percentuale di insuccesso nella formazione del feto.

La nostra Fondazione al fianco delle ricerca scientifica di eccellenza

La ricerca è stata finanziata da Armenise Harvard Foundation, Fondazione Telethon e dalla nostra Fondazione. Il team di ricerca del Prof. Elvassore ha vinto infatti il nostro Bando Ricerca Pediatrica, aggiudicandosi un contributo di 390.000 euro per lo svolgimento di un filone di questo importante studio.

Oltre ai laboratori del prof. Martello e del prof. Elvassore, hanno collaborato alla ricerca Stefano Giulitti (Vimm), Marco Pellegrini (dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova), Chiara Romualdi (dipartimento di Biologia dell’università di Padova) e Davide Cacchiarelli (Telethon Institute of Genetics and Medicine).