Con il nostro progetto Attivamente arricchiamo l’offerta formativa nelle scuole del territorio, orientando gli studenti anche verso conoscenze al passo coi tempi.
Avete presente quando eravate a scuola, seduti dietro banchi allineati in fila, la maestra o il professore di turno inforcava gli occhiali, apriva il registro sulla cattedra e scorrendo con l’indice l’elenco degli alunni sibilava «Oggi interroghiamoooo…..» e quella “o” finale si prolungava fino a procurarvi un cardiopalma? Ecco, dimenticatevelo.
Oggi l’insegnamento ha metodi più evoluti, che tendono a sviluppare processi di apprendimento che non avvengono più solo per ricezione passiva, ma anche e soprattutto per scoperta, per azione, per problemi e così via, in modo da coinvolgere attivamente lo studente.
Non a caso la nostra iniziativa è finalizzata a stimolare il pensiero critico, la curiosità e la progettualità tra le giovani generazioni, l’abbiamo chiamata per l’appunto Attivamente.
Realizzato in collaborazione con i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, il programma concorre a far entrare nelle classi iniziative ideate per arricchire ulteriormente l’offerta formativa delle scuole del nostro territorio, focalizzandola su più tematiche e discipline: dai metodi innovativi per l’apprendimento delle lingue straniere all’educazione alla diversità, dall’educazione scientifica a quella della memoria storica, fino all’educazione ambientale all’economia e altro ancora.
In una quinta elementare di una scuola in provincia di Padova coinvolta in un’attività formativa programmata nell’edizione 2016-2017 di Attivamente, ci siamo entrati anche noi. Ecco quello che, nell’ambito di un’attività finalizzata all’educazione alle nuove tecnologie, abbiamo visto e imparato a nostra volta…
“Un vivaio di menti in fermento tecnologico.”
Quando entriamo in aula i bambini, che a dir la verità sono prevalentemente bambine, hanno già realizzato Milo, un piccolo robot. Lo hanno appena assemblato pescando i pezzi giusti dalla scatola di LEGO We.Do 2.0, un kit di robotica educativa. Per farlo muovere avanti e indietro, da sinistra a destra, hanno a disposizione un’app remota installata in un tablet, programmata da loro stessi.

A governare questo vivaio di menti in fermento tecnologico, insieme ai maestri Eleonora e Paolo, ci sono Laura e Nicola, due giovani laureati in Scienze dell’educazione che hanno per l’appunto sviluppato questa iniziativa didattica che sembra fantascienza ma invece non lo è.
Nel frattempo gli ingegneri in erba lavorano tre a tre, in cinque team differenti, a volte sui banchi ma spesso direttamente sul pavimento, in modo da poter mettere meglio alla prova il proprio robot di gruppo.
Ogni gruppo ha il suo bel nome, rigorosamente inventato dagli alunni stessi, e vale la pena riportarli tutti.
I “Legosi Pucciosi” sembrano essere stati ispirati dal brand del kit, anche se sul significato di “pucciosi” le spiegazioni paiono non collimare propriamente all’unisono.
I “2.0” sono decisamente i più web oriented, tanto che ce li immaginiamo già con tera di follower nei loro rispettivi profili social.
Se il gruppo “Technobubble” usa una parola macedonia, il nome delle “RobotGirls” si spiega da sé.
Infine, se girls deve essere, potremmo mica dimenticare il lato glamour delle ragazze, vero? Ovviamente no. E quindi ecco a voi il gruppo delle “RobotChic”.
A creatività, par di capire, questa classe va piuttosto forte. Ma con la robotica, la programmazione e il coding, come se la cavano ‘sti ragazzini che già ci fanno schiattare d’invidia?
«Avevamo già fatto esercizi di coding» ci dice la più vivace del team RobotGirls, che con il tono di chi la sa lunga chiosa quanto ci ha appena detto con una domanda di rimbalzo: «Con Frozen Coding, lo conosci? Beh, lo trovi in Internet». Come dire, per quanto graziosamente: vedi di arrangiarti da te, perché al momento io ho ben altro da fare…

L’obiettivo della lezione, va da sé, non è far diventare tutti i ragazzini dei programmatori informatici, ma diffondere conoscenze scientifiche di base per facilitare loro la comprensione della società moderna. Capire i principi alla base del funzionamento dei sistemi e della tecnologia informatica, infatti, oggi come oggi è altrettanto importante del capire come funzionano l’elettricità o la cellula.
L’intera classe, dal canto suo, dimostra di sentirsi perfettamente a proprio agio nel mondo tecno-robo-digital. Tablet alla mano, tra touch e tap eseguiti con la naturalezza di chi ha già surclassato l’uso del telecomando, bambine e bambini programmano i movimenti di Milo, consultano le slide che illustrano le fasi di montaggio del robot con disegni in modalità Ikea, sprofondano nei video nei quali tutte le spiegazioni delle varie fasi avvengono solo per immagini e senza nemmeno una parola.
“L’importanza di poter dire ‘Io c’entro’.”
I video saranno pure senza parole, ma in classe il vociferare tende allo sfondamento della barriera del suono. Tutti parlano fittamente con i rispettivi compagni di gruppo, curiosano lo stato dei lavori degli altri team, fanno domande a go-go, si confrontano con un nuovo problema ed esultano appena lo risolvono. Uno tsunami, certo. Ma è una forza della natura che nasce dalla partecipazione attiva e dal coinvolgimento, che Nicola direziona sapientemente anche verso la riflessione.





Tra verifiche pratiche, tipo calcolare la velocità di spostamento di Milo con e senza carico da trainare, e pensiero computazionale finalizzato a far raggiungere al robot un obiettivo nel modo più semplice, i ragazzini hanno anche un diario di bordo da compilare. Le domande vanno da “Sai come funziona l’attrito?” a “Quale è stata la parte più difficile da montare?”, fino al per noi impenetrabile “Cosa fanno gli scienziati e gli ingegneri quando non possono andare nel posto che vogliono esplorare?”.
Un mix di robotica, informatica, nuove tecnologie, pensiero creativo e logico insieme, che porta con sé uno speciale valore aggiunto: indurli a mettersi direttamente in gioco e a cooperare con i compagni. Un modello di apprendimento che a fine mattinata riscuote alti indici di gradimento in ogni team: «Fare attività di gruppo è più bello perché ci si aiuta uno con l’altro» (Legosi Pucciosi); «Il lavoro di squadra ci piace da matti!» (RobotGirls); «In gruppo è meglio, se non sai qualcosa la chiedi agli altri, impari un sacco di cose nuove e ti diverti» (2.0).
Una partecipazione “vissuta” che coinvolge tutta la personalità di ognuno di loro, dunque, e che si rivela molto efficace sia sul piano cognitivo che per quanto riguarda l’attivazione dei più positivi processi socio-relazionali. Attraverso questo tipo di attività, infatti, ciascuno ha modo di accrescere la propria autostima, si responsabilizza nei processi di apprendimento, cresce nelle abilità sociali, imparando a collaborare con i compagni per il conseguimento di un obiettivo comune.
IL PROGETTO ATTIVAMENTE
Per offrire a bambini e ragazzi le migliori opportunità di crescita e di studio, il progetto Attivamente programma iniziative extra-didattiche che integrano il percorso di formazione degli studenti delle province di Padova e Rovigo attraverso iniziative originali, in grado di stimolare l’apprendimento attivo e di favorire in loro anche una maggiore consapevolezza della complessità che li circonda.
Pur avendo ormai la piena consapevolezza che li stiamo distogliendo dal loro principale interesse, poniamo ancora un’ultima domanda: ma quello del coding e dell’informatica non sono ambiti prevalentemente maschili? Il nostro sarà anche uno stereotipo, ma ripensando lì per lì agli informatici dei quali abbiamo conoscenza, da Steve Jobs in giù, ci vengono in mente solo uomini. Così ci facciamo coraggio e poniamo ugualmente la questione.
«Assolutamente no», ci zittiscono le RobotGirls. Che, come un sol uomo, aggiungono: «Non c’è un sesso più bravo dell’altro. E poi se una cosa ti piace, la fai e basta».
Con una risposta così, cos’altro si può dire? Sicuramente questo: buona vita, talented children!