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PhD: come stanno i dottori di ricerca?

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  • Linea strategica Ricerca e sviluppo
  • Tempo di lettura 6 minuti

Sosteniamo borse di studio post-lauream nei Corsi di Dottorato dell’Università degli Studi di Padova con due progetti che favoriscono l’acquisizione del sapere tra gli studenti italiani e stranieri.

 

Se vi state chiedendo cosa sia un PhD, tranquilli, non siete gli unici. Doctor of Philosophy, abbreviato Ph.D. o PhD, è un titolo accademico riconosciuto a livello internazionale, l’equivalente del dottorato di ricerca italiano e, nella maggior parte delle nazioni, identificato come il più alto titolo di formazione accademica.

Sebbene l’Italia sia il fanalino di coda europeo per numero di giovani laureati (sono il 25%, contro il 30% dei tedeschi e il 45% dei francesi), oltre che la nazione tra quelle dell’Unione Europea che rende più difficoltoso l’accesso alle borse di studio, come evidenziato di recente dal Rapporto Eurydice 2016-2017, fortunatamente sono ancora numerosi i giovani che aspirano al raggiungimento del PhD.

Al di là del valore prestigioso del titolo accademico, cosa spinge questi ragazzi e ragazze a dedicarsi a un solo argomento, scandagliarlo e approfondirlo quotidianamente per tre anni consecutivi? E quali sono gli ambiti di ricerca sui quali si focalizzano? Lo abbiamo chiesto a Benan, Ankit, Lotte e Federico.

“Gli studi di livello superiore sono una fonte preziosa per il progredire dell’innovazione e dello sviluppo.”

Benan, Ankit, Lotte e Federico sono quattro giovani dottorandi che hanno appena ottenuto delle borse di studio post-lauream presso l’Università degli Studi Padova, attivate anche grazie al sostegno di due nostre iniziative: il Progetto Dottorati di Ricerca e il Progetto Dottorati di Ricerca per studenti stranieri.

Se il primo si prefigge di valorizzare, potenziare e qualificare le iniziative di formazione alla ricerca dei Corsi di Dottorato, ma anche di sviluppare nel dottorando l’autonomia scientifica indispensabile per chi intende intraprendere un’attività professionale di ricerca, il secondo progetto, favorendo l’attrazione di talenti dall’estero e incentivando lo scambio di conoscenze tra persone di diversi Paesi, è orientato a promuovere l’internazionalizzazione dell’Ateneo patavino.

I PROGETTI PER DOTTORATI DI RICERCA DELLA FONDAZIONE

Il Progetto Dottorati di Ricerca sostiene 32 borse di studio triennali con l’obiettivo di valorizzare, potenziare e qualificare le iniziative di formazione alla ricerca di livello post-lauream offerte dai Corsi di Dottorato dell’Ateneo patavino.
Il Progetto Dottorati per Studenti Stranieri sostiene anche 15 borse di dottorato triennali riservate a studenti stranieri, nonché le rispettive tasse di iscrizione per i tre anni di corso e le spese per i servizi di alloggio e mensa forniti dall’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (ESU) di Padova. Entrambi sono realizzati in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova.

In entrambi i casi, l’intento di partenza è identico: dare l’opportunità alle menti più preparate di continuare ad approfondire le loro rispettive aree di indagine, con la convinzione che dalle loro ricerche possono svilupparsi innovazioni, scoperte ed opportunità utili alla collettività intera.

L’appuntamento con il nostro poker di giovani studiosi è fissato nella sede antica dell’Università di Padova. Introdotti dalla guida prenotata per l’occasione, entriamo nella Sala dei Quaranta, chiamata così perché racchiude quaranta ritratti di illustri studenti stranieri vissuti a Padova tra il Duecento e l’Ottocento. In questo scenario che fa anche da buon auspicio, la prima con cui parliamo è Benan.

“Benan, la ragazza che applica la scienza informatica alle scienze sociali.”

Occhi espressivi, volto splendente incorniciato da capelli lunghi e scuri, 23 anni appena, questa ragazza che viene dalla Turchia è a Padova per frequentare il Dottorato di ricerca in “Brain, Mind and Computer Science”. Trattasi del risultato di uno sforzo congiunto tra scienza informatica, matematica, scienze cognitive, neuroscienze e scienze sociali.

Con la stessa semplicità di chi ti sta dando gli ingredienti per preparare la torta della nonna fatta in casa, Benan ci informa che grazie ai suoi studi pregressi nella virtual reality e nel 3D, adesso si può focalizzare sulle tematiche del pregiudizio e della discriminazione. In che modo?

«Attraverso gli scenari e le narrazioni della realtà simulata e immersiva è possibile influenzare positivamente i comportamenti delle persone, così ho pensato di applicare i miei interessi nell’ambito di due tematiche particolarmente rilevanti nelle scienze sociali, il pregiudizio e la discriminazione appunto».

Quindi, ci par di capire, se si riuscirà a diminuire la portata di questi due fenomeni spesso basati su opinioni precostituite e su stati d’animo irrazionali, lo si dovrà anche un po’ alle indagini di questa dottoranda dallo sguardo gentile.

“Ankit e lo Spritz.”

Stesso Corso di dottorato interdisciplinare anche per Ankit, 26 anni, cordiale ed estroverso, con all’attivo un Bachelor of Technology in Informatica presso la Rajasthan Technical University di Kota nello stato del Rajasthan, e un Master in Scienze informatiche presso il Malaviya National Institute of Technology, Jaipur, India.

Da ottobre fa parte di un gruppo di ricerca coordinato dal professor Mauro Conti e studia gli aspetti di sicurezza e privacy dei Software Defined Networking (SDN), e Distributed Denial of Service (DDoS) in particolare. Ovvero sia: Ankit si adopera per proteggere i dati delle reti computerizzate, mezzi di comunicazione che utilizziamo quotidianamente al lavoro come nella vita privata.

«Mi trovo benissimo» ci dice. «I livelli di ricerca sono eccellenti, il mio supervisore è uno dei più competenti in quest’area, e il gruppo è molto affiatato.».

Il gruppo di ricerca l’hanno chiamato simpaticamente Spritz (Security and PRIvacy Through Zeal), con un chiaro riferimento al cocktail più gettonato in città. Tanto che prima di salutarci, in perfetto italiano, Ankit aggiunge: «Adoro il mercoledì a Padova». Un particolare che ci conferma che anche un iper-tecnologico come lui non vive di soli byte.

“L’alta finanza? Per Lotte è roba da bambini.”

Lasciate l’area dell’informatica per le sfide sociali e quella del Networking and Control, cerchiamo di introdurci in quella delle Behavioral Economics, terreno di studio e di passione di Lotte, 29 anni. È un campo di indagine piuttosto recente, quello scelto da questa ragazza proveniente da Copenaghen, che nel suo caso intreccia due discipline apparentemente inconciliabili: l’economia  e la psicologia dello sviluppo.

«Studio le preferenze economiche nei bambini» ci spiega. «Analizzo come sviluppano gli scambi, come percepiscono il valore del denaro, i rischi di una perdita o le possibilità di un guadagno. Come faccio? Anche attraverso simulazioni della realtà sotto forma di gioco».

Se però adesso vi vengono in mente il Monopoli o Paperon de Paperoni, sappiate che siete fuori strada…

Turchia, Danimarca, India: anche grazie alle diverse provenienze di questi tre dottorandi, che si traducono non solo in nuove combinazioni di più conoscenze ma anche in incroci di culture nel più ampio significato del termine, l’internazionalizzazione sembra essere sempre più di casa nell’ateneo padovano.

“I modelli statistici, l’Image Recognition e l’orgoglio di Federico.”

Ma c’è anche chi arriva, è proprio il caso di dirlo, da dietro l’angolo. È Federico, 25 anni, di Rovigo, physique du rôle che lo rende adeguato al suo ruolo con assoluta nonchalance: alto, snello, modi discreti, tono di voce modulato sui livelli dell’introspezione. Non potrebbe fare altro che il ricercatore, insomma.

«Alla fine di questi tre anni mi piacerebbe rimanere in ambito accademico», ci conferma lui stesso. Nel frattempo frequenta un Corso di dottorato in Scienze statistiche, realizzando modelli statistici nell’ambito dell’Image Recognition, un’area dell’apprendimento automatico che consiste nell’analisi e nell’identificazione di pattern all’interno di dati al fine di identificarne la classificazione.

Tanto per capirci: avete presente quando scattate centinaia di foto dal cellulare e Google Photo ve le organizza automaticamente per persona, luogo e oggetto, facilitandovi così la ricerca di quella-foto-dove-c’è-anche-il-gatto-ma-non-mi-ricordo-più-dove-e-quando-l’ho-scattata? Ecco, semplificato all’ennesima potenza, questo è quello di cui si occupa Federico. Solo che i suoi modelli statistici possono trovare applicazione anche in ambito astronomico per il riconoscimento automatico dei pianeti.

«Ma possono facilitare la vita anche alle persone non vedenti», aggiunge con una lieve e sottesa punta di orgoglio, quella di chi è consapevole che può restituire il proprio personale contributo all’innovazione anche in campi extra-accademici, per favorire il miglioramento della qualità della vita di tutti. Vi sembra poco?