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Povertà educativa: cosa ne pensano gli italiani?

In occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Con i Bambini ha commissionato a Demopolis un’indagine sulle percezioni dell’opinione pubblica in tema di povertà educativa minorile, per verificare la consapevolezza dei cittadini e le sensibilità da far maturare.

I bambini e gli adolescenti di oggi sono i figli di un’Italia disuguale, di città quasi mai a misura di minori. La crisi economica degli ultimi anni, i tagli alla spesa sociale, la complessità delle relazioni familiari pesano sulle condizioni di crescita dei più piccoli e ne contraggono le prospettive, anche perché la mobilità sociale appare frenata.

Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini, società senza scopo di lucro nata per attuare i programmi del Fondo per il Contrasto della Povertà Educativa Minorile, un’iniziativa nazionale – frutto di un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate dall’Acri, il Forum del Terzo Settore e il Governo – a cui aderisce anche la nostra Fondazione.

La percezione del problema

Povertà educativa. Se ne parla tanto, ma che cosa ne sanno davvero gli italiani? Questa era la domanda alla base della ricerca. E le risposte sono state molto indicative. Per quasi 9 italiani su 10 la diffusione della povertà educativa è un fenomeno grave e per l’83% degli intervistati le azioni di contrasto sono importanti per lo sviluppo del Paese. Il 68% degli italiani dichiara inoltre di aver sentito parlare di povertà educativa minorile, anche se il 25 per cento degli intervistati ammette di non sapere effettivamente di che cosa si tratti.

La povertà educativa, seppur marcata in molte aree meridionali e tra i giovanissimi, anche se con diversa gravità riguarda tutto il Paese e intacca il futuro dei ragazzi già dalla prima infanzia.

— Carlo Borgomeo, Presidente Con i Bambini

Le maggiori preoccupazioni avvertite pensando ai minori riguardano fenomeni per lo più adolescenziali come la dipendenza da smartphone e tablet (66%), il bullismo e la violenza (61%), la diffusione della droga (56%), l’aggressività nei comportamenti (52%).

Colpa dei genitori?

Nella percezione dell’opinione pubblica, la principale causa di povertà educativa è la disattenzione dei genitori (76%). Due intervistati su tre citano le condizioni di disagio sociale (67%), di svantaggio economico (64%), di conflittualità familiare (62%). Il 59% segnala il degrado dei quartieri di residenza fra le cause della povertà educativa. Inoltre, circa uno su due segnala la frequenza scolastica irregolare, gli stimoli inadeguati, le scarse occasioni culturali e del tempo libero, l’uso eccessivo dei social network, mentre appena un quarto degli intervistati cita il mancato accesso agli asili nido e ai servizi per l’infanzia.

La scuola da sola non basta più

In un contesto in cui le disuguaglianze sociali ed economiche continuano ad aumentare, per il 63% degli italiani intervistati da Demopolis le probabilità di un ragazzo nato da una famiglia a basso reddito di migliorare le proprie condizioni sono oggi più basse rispetto a 20 o 30 anni fa. La scuola, quindi, da sola non basta più. Del resto, mentre il 71% degli intervistati crede che il sistema scolastico in Italia sia peggiorato negli ultimi vent’anni e solo l’11% pensi che la scuola sia l’unica istituzione deputata alla crescita dei ragazzi, ad emergere è una nuova consapevolezza: la responsabilità della crescita dei minori deve essere di tutta la comunità (46%).

D’altronde la scuola si trova al cospetto di svariati problemi dovuti a variabili economiche e politiche, ma anche umane e relazionali, fra studenti, docenti e genitori. Per la maggioranza assoluta si tratta di problemi connessi alla mancanza di fondi e alla progressiva riduzione di risorse (71%), ma anche di relazioni infruttuose con il mondo del lavoro (63%). Oltre 6 cittadini su 10 segnalano invece il bullismo e la condotta degli studenti, il progressivo impoverimento del linguaggio e delle competenze di base. La maggioranza cita inoltre le condizioni degli edifici e il rapporto, sempre più difficile, tra genitori e insegnanti.

Cosa fare dunque?

L’unica dimensione di apprendimento non curriculare dichiarata dalla maggioranza degli intervistati (60%) è lo sport. Solo metà dei ragazzi, negli ultimi 12 mesi, ha partecipato a spettacoli, in cinema o teatri. Il 58% dichiara che i figli, nell’ultimo anno, non hanno letto nemmeno un libro.

Per far crescere bene gli attori del futuro serve un impegno maggiore da parte di tutta la comunità. Con la scuola, certo, ma anche restituendo importanza e protagonismo a tutti gli altri attori della comunità che ruotano intorno ai più piccoli.

 

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andato in onda in occasione della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza